Heimweh - gennaio 2017

(Heimweh, from “Heim” meaning home and the verb “wehtun,” meaning to hurt or ache. The English equivalent “homesickness” just doesn’t quite convey the same intensity). a project by M.Grazia Cantoni, Andrea Luporini and Daniela Spaletra, 2017 A scale reconstruction 1: 1 of a tunnel-shelter built with blankets inside a WWII air-raid shelter, in La Spezia, Italy. Subways offer a temporary shelter awaiting the uncertain future. The project Heimveh is a tribute to Syrians patchwork blankets to offer a symbolic refuge an act of solidarity. After the temporary installation (January 27-30) the blankets will be cleaned and sent to asylum seekers centres in Italy and Greece. Recreating the shelter within a defined space puts the viewer in the center of the experience of architecture. The perspective becomes central and only through the space you have a complete fruition. The gesture that unites trespassing an underpass and walking through the blankets tunnel of Heimweh is up, but the temporality is distinct. The project started in 2017 with a Crrowdfunding campaign to collect blankets and sleeping-sheets to be given to refugee camps and welcome facilities. The housing-tunnel becomes inner shell and outer structure rebuilt in the exhibition area to which the viewer comes up and does not stray, as it normally would through the tunnel. Trying in this way, to reconstruct the pace, to scan it and slow it down in order to trigger a slow, deep thoughts that bring us closer to the distress and trauma of those who live among us but live in isolation.


Heimweh
è una parola tedesca che non trova una diretta traduzione in italiano ma rimanda alla nostalgia di casa, della terra di provenienza, una nostalgia che non è solo un sentimento di malessere legato a una mancanza ma un dolore profondo, assimilabile a quello fisico.
L'opera di Maria Grazia Cantoni, Daniela Spaletra e Andrea Luporini pone l'attenzione sul dramma dei migranti, sullo stato d'animo di persone messe in fuga dalla guerra e costrette a trovare rifugi di fortuna nei paesi occidentali. Le artiste hanno deciso di occuparsi dell'esperienza di un preciso gruppo i profughi, un centinaio di siriani che dopo aver affrontato un lungo viaggio attraverso i Balcani, sono stati respinti al confine austriaco e hanno trovato riparo nel sottopassaggio che collega la stazione di Udine alla limitrofa via Cernaia.
Ispirate dall'antica tradizione siriana di realizzare patchwork di coperte cucite tra loro, Cantoni, Spaletra e Luporini hanno pensato di ricostruire in scala 1:1 il sottopassaggio che ospita i migranti, una struttura che continua ad essere utilizzata dai pendolari e dove si crea quindi una commistione tra la vita quotidiana frenetica degli abitanti della città e quella dei suoi ospiti temporanei vissuta in una interminabile attesa. La coperta è la prima cosa che viene fornita ai naufraghi per proteggerli dall'ipotermia ma è anche l'unico riparo di cui dispongono i senza tetto. Si tratta di un oggetto pensato per essere utilizzato individualmente, è un rifugio personale che delimita il proprio spazio e forse la propria individualità e la propria solitudine. In Heimweh, le artiste rendono questi singoli elementi parte di un riparo più grande e comunitario dove le esperienze, i traumi, i sogni e le aspettative possono essere condivise.
Il tunnel che lo spettatore attraversa, a differenza di quello che lo ha ispirato, non è un luogo di passaggio ma di sosta. Non lo si attraversa freneticamente perché non porta in nessun altro luogo, non ci sono treni da prendere o persone sdraiate da scavalcare, non c'è fretta: l'esperienza è nel tunnel. Le artiste ci invitano a fermarci al suo interno, ad esplorare il suo spazio soffermandoci sulla sua struttura e sui materiali che lo compongono, elementi comuni presenti nella nostra quotidianità che possono però fare la differenza tra la morte e la sopravvivenza e che, cucite con una tecnica siriana, rappresentano anche una possibilità di unione e condivisione tra la comunità mediorientale e quella italiana.
Per realizzare Heimweh, Cantoni e Spaletra si sono servite di un cospicuo numero di coperte, reperite attraverso una campagna di crowdfunding finalizzata a donare questi oggetti ai campi profughi. Il loro utilizzo artistico è dunque temporalmente limitato: ritenendo che l'arte abbia anche il compito di farsi portatrice di un cambiamento reale all'interno della società, al termine della mostra, le artiste separeranno di nuovo le coperte e le doneranno alle strutture in cui vengono accolti i migranti.

Testo Emanuele Riccomi